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Risponde il M° Armando Tasso

Maestro può raccontarci la sua storia ed esperienza in ambito della direzione di coro?

Ho studiato pianoforte e composizione al Conservatorio F.E Dall’Abaco di Verona e Direzione d’Orchestra al Conservatorio G.Verdi di Milano. Ho insegnato Pianoforte Principale in Conservatorio per 25 anni. Alla fine degli anni 70 è iniziata la mia collaborazione con la Fondazione Arena di Verona, inizialmente come Altro Maestro del coro e successivamente come Direttore Titolare, per diversi anni. Sono stato Direttore dell’Accademia di Alto Perfezionamento per cantanti lirici presso la stessa Fondazione. Attualmente, invitato da Istituzioni nazionali ed internazionali, tengo numerose masterclass in Italia, Giappone, Cina, Spagna, Sud Africa ecc…

Come si approccia alla direzione di coro?

Spiegare, teoricamente, il metodo della preparazione di un’opera, non è semplice, il “mestiere” si impara in teatro. Posso descrivere la mia esperienza di lavoro, in un Teatro così particolare come l’Arena di Verona, luogo estremamente suggestivo dall’acustica perfetta, ideale per le rappresentazione di opere e concerti. Il palcoscenico è immenso e la distanza tra l’orchestra e il coro è notevole. Per questo motivo è necessario un lavoro molto scrupoloso, a sezioni e di assieme, per arrivare a creare una perfetta fusione tra le voci, abituando gli artisti del coro ad anticipare il gesto del direttore d’orchestra onde evitare spiacevoli problemi ritmici nelle recite. In tanti anni di esperienze professionali ho avuto l’opportunità di collaborare con grandi Direttori d’Orchestra: G.Prétre, Z.Metha, L.Maazel, R.Muti, N.Santi, M.Arena.

Cosa consiglia ai giovani che si approcciano alla professione del Direttore di Coro?

Ai giovani aspiranti Maestri del Coro raccomando lo studio della vocalità nelle varie epoche: barocco, romantico ed contemporaneo. Devono possedere, inoltre, una buona tecnica pianistica e conoscere la fonetica di alcune lingue – tedesca, francese e inglese. Per quanto riguarda la preparazione di un’opera lirica è indispensabile lo studio approfondito dello spartito canto e piano e successivamente della partitura d’orchestra. E opportuno, preventivamente, avere un contatto con il Direttore d’orchestra al fine di prendere accordi riguardo a sue eventuali particolari indicazioni interpretative. Ai giovani musicisti che si accingono ad intraprendere la professione di Direttore di coro, suggerisco loro di prepararsi con scrupolo e determinazione e di porsi sempre con umiltà a servizio della musica.

Il M° Armando Tasso

Risponde il M° Piero Mioli

Perché oggi è importante creare nuove opere?

Il teatro d’opera non è solo musica: è un genere promiscuo di poesia, musica, pensiero, spettacolo, costume, civiltà e via dicendo; anche per questo procede, avanza nel tempo; se si fermasse significherebbe interrompere il flusso di una parte della vita e della società umana. Certo l’opera ha avuto una fioritura speciale nell’Ottocento, specie in Italia e Germania, per cui ogni esperienza precedente e seguente risulta minoritaria. Basta non fare paragoni e accettare ogni soluzione. Dopo un periodo di disinteresse verso la metà del Novecento (l’avanguardia post-werberniana), la curiosità e l’entusiasmo dei giovani compositori hanno preso il sopravvento e il genere ha ripreso quota. Il fenomeno importa molto: per loro stessi, per i giovani interpreti, per il senso di una storia che pur disordinatamente va e guarda avanti (non farlo significa negare la storia).

Qual è il ruolo del coro nell’opera del 900 e quali sono le sue caratteristiche?

Strano il destino del coro nell’opera: nel Sei-Settecenmto mancava o quasi, nell’Ottocento prosperava, nel Novecento ha continuato a esserci, senza scemare d’importanza, ma si è molto diversificato: decorativo o personaggio, più o meno polifonico, cantato e a volte declamato (In Job di Dallapiccola il coro recitato canta i personaggi di Dio e del Diavolo su due lati del palcoscenico). Anche dal punto di vista semplicemente sonoro il coro è l’alternativa al solismo: quando c’erano i castrati il loro virtuosismo non tollerava la “semplicità” sillabica del coro; poi le cose sono cambiate e oggi il virtuosismo solistico è molto raro. L’opera non è più soltanto un godimento per l’orecchio: è anche pensiero, riflessione, significato, insegnamento d’arte e di vita.

Com’è avvenuto il passaggio dall’opera dell800 a quello del 900?

Il passaggio dall’Otto al Novecento si è svolto come tutti i passaggi: con qualche stacco clamoroso e con moltissime sfumature lente, poco appariscenti. Il fatto che in puri termini di popolarità l’opera sia finita con Puccini e la sua Turandot induce a credere che dopo ci sia stato il diluvio. No: dappertutto i compositori hanno continuato. In Italia la stessa generazione dell’Ottanta ha continuato in maniera più (Pizzetti, Respighi) o meno (Malipiero) tradizionale. Gli stesso maestri del Venti hanno prodotto per il teatro: Maderna, Togni, Nono, Berio e Donatoni, in maniera avanguardistica. Intanto parecchi continuavano sulla scia del tardo Romanticismo e del Verismo: per esempio Mannino. Ancora oggi esistono dei compositori d’opera definibili come neoromantici.

Secondo lei è importante creare dei tirocini/stages presso le fondazioni liriche e teatrali di tradizione italiana nell’ambito della direzione di coro?

Buona idea quella di creare stages in teatro, perché in Conservatorio regna ancora la teoria (e non può essere diversamente): invece la coralità ha bisogno di lavori sul campo, di manovalanza, di esperienza, della pratica più disinvolta del repertorio. In più stili e lingue, dal contrappunto di Monteverdiano e Händel a Wagner, Britten, Messiaen, Penderecki.

Il M° Piero Mioli

 

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