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Premessa

La scelta del programma musicale, sia questo per un singolo concerto o per un’intera stagione concertistica, è uno dei compiti principali di cui si deve occupare un direttore.
Nelle piccole realtà il compito è demandato al direttore musicale che spesso ricopre anche la carica di direttore artistico; nelle realtà più strutturate il compito è condiviso tra direttore artistico e direttore musicale. A chiunque spetti questo incarico, la scelta dovrà tener in considerazione non solo aspetti artistici ma anche organizzativi (richieste del committente o del consiglio direttivo, rispetto di eventuali ricorrenze, organico, budget a disposizione, etc.).
Se anche tralasciassimo i vincoli organizzativi, la scelta del programma musicale non sarebbe comunque un compito semplice e costituirebbe un tassello importante per la buona riuscita del concerto.
Quando costruisco un programma musicale, penso sempre a tre elementi: la formazione dei musicisti/coristi, la formazione del pubblico e la costruzione di un’esperienza.
Che si lavori con gruppi amatoriali o professionali, l’interesse del gruppo viene alimentato dalla scelta di un repertorio sfidante quanto basta da costituire un’occasione di sviluppo artistico (tecnica, suono etc.) senza però risultare troppo complicato. Nella mente del direttore deve esserci un chiaro percorso di crescita da realizzare con il proprio gruppo attraverso un’attenta scelta del repertorio: la definizione di un progetto formativo. Al contempo, il programma deve risultare ‘divertente’ da studiare; attenzione però che non tutto quello che è divertente da suonare o cantare lo è poi anche da ascoltare! Ecco quindi che entra in gioco l’elemento pubblico.
È necessario conoscere le aspettative del proprio pubblico per non deluderle, ma allo stesso tempo sorprendere e innovare. Spetta a noi direttori l’arduo compito di lavorare sull’audience development, sullo sviluppo del pubblico. Il pubblico si attrae e si costruisce, concerto dopo concerto, formandolo gradualmente così che possa accettare nuova musica (buona musica) e sviluppare un orecchio critico capace di gustare appieno il lavoro che il gruppo corale e strumentale sta offrendo. Come attrarre pubblico? Regalando esperienze. Il concerto non deve essere un saggio musicale, ma un’esperienza che lo spettatore vive mantenendo alta l’attenzione dall’inizio alla fine, sorprendendosi, emozionandosi, portando a casa un ricordo indelebile e rimanendo con il desiderio di tornare. Si potrebbe ad esempio pensare a programmi che leghino la musica con altre arti (ad esempio quella pittorica, coreutica o drammatica), con la letteratura o con le scienze, programmi che tocchino temi sociali contestualizzati (ambientale, diversità di genere, etc.); si può poi giocare con la spazialità, con il coinvolgimento di tutti i sensi (senza dimenticare olfatto, tatto e gusto), con l’inserimento di coreografie ed eventuali ‘effetti speciali’ ricordando però che tutto sia al servizio della musica e non a discapito di questa (ad esempio come strategia per distogliere l’attenzione da una preparazione artistica scadente).
Lasciamo però ora da parte gli ‘effetti speciali’ e concentriamoci solo sulla scelta del repertorio. Come già scritto il direttore deve lavorare su due fronti:

  • la formazione del proprio ensemble, con una scelta di brani che permettano di lavorare sulla vocalità, sull’intonazione, sul fraseggio, sull’articolazione, sul ritmo, sulla lingua, sul colore del suono del singolo individuo e dell’ensemble, sui generi e stili, etc.;
  • la formazione e l’attenzione del pubblico. Ad esempio, la famosa e tanto pubblicizzata soglia dei 45 minuti di attenzione dell’uomo adulto cala vertiginosamente se eseguiamo brani con la stessa tonalità o con tonalità simili e lo stesso accade se presentiamo brani tutti dello stesso stile (determinato da autore, origine geografica, epoca storica…).

È chiaro che alla luce di queste considerazioni, l’arte di scrivere un buon programma musicale risulti decisamente complessa. A mio parere, uno degli articoli più interessanti sull’argomento è stato scritto da uno dei miei docenti di repertorio, il M° Andrea Loss. Seppur pensato per direttori d’orchestra di fiati, lo reputo fonte di ispirazione anche per i direttori di coro e orchestra sinfonica. Nell’articolo il M° Loss utilizza la metafora della cucina paragonando il programma musicale al menù di un ristorante. In entrambi i contesti è necessario ‘offrire portate calibrate dall’antipasto al dolce, servendo pietanze che non appesantiscano, (che) rispettino i gusti di chi assaggia, ma permettano allo chef di esprimere la propria originalità; e facciano in modo che, finito il banchetto musicale, i commensali tornino a casa contenti, e magari con un messaggio e la voglia di mangiare ancora in quel ristorante1‘. Nella musica così come nella cucina ‘ci vuole tradizione ma anche fantasia, classico e moderno possono convivere, ma il grande chef ha un’idea alla base dei suoi piatti e dei suoi menù’.
Si parte dunque dall’antipasto (un brano accattivante, non troppo lungo, di qualità, che stuzzichi l’appetito per ordinare poi un primo, il piatto ‘forte’, un brano particolare o con un solista. Una pausa successiva permetterà poi al pubblico di parlare del brano o del solista. La seconda parte del pranzo di solito è più leggera e si limita a degli assaggi, ma anche questo dipende dalla sensibilità del maestro (carne o pesce?): si può scegliere quindi brani non troppo pesanti… all’orecchio, qualcosa di più famigliare al pubblico, senza scadere nello scontato e commercialissimo (cibo fast-food). E per dolce? Per quanto ci abbuffiamo, rimane sempre un posticino per il dolce e qui è necessario inserire un brano che fa tornare a casa tutti contenti e che tutti ricorderanno con piacere.
Il nostro compito di musicisti (e direttori) è fare CULTURA, formare il nostro pubblico (al bando il junk food, il cibo spazzatura). Non possiamo allora servire un pot-pourri di brani senza alcun nesso tra loro. Al contempo si deve seguire un chiaro piano formativo per l’ensemble e offrire un programma accattivante per il pubblico (variando stile, tonalità, etc.). Per riuscire in questo compito, oltre a conoscere la storia del repertorio, leggere saggi e pubblicazioni, aggiornarsi sulle nuove pubblicazioni di case editrici e creare una rete di collaborazione con i compositori viventi, farebbe comodo qualche strumento che agevoli il lavoro del direttore artistico.

Analisi di un bisogno

Seguendo al Campus ANDCI di Assisi uno degli incontri del M° Marchetti sul repertorio corale italiano, mi è tornato alla mente un dubbio che mi era sorto qualche tempo fa: esiste un database di composizioni corali che i maestri di coro possano consultare per costruire un programma musicale rispondente ad alcuni vincoli quali organico, tematica, difficoltà, nazionalità, etc.? Strumenti del genere li uso quotidianamente nella definizione dei programmi artistici per organici strumentali, per orchestra sinfonica e di fiati (banda), ma non avevo ancora trovato il corrispettivo per la musica corale.

Parlando della mia perplessità con il M° Marchetti e altri direttori, ricevevo risposte che, purtroppo, confermavano il mio timore: nessun database. Le problematiche che mi venivano messe in luce a sostegno di questa mancanza erano la produzione continua di nuove opere, la difficoltà nel discriminare le opere meritevoli ad entrare nell’archivio, la vastità del lavoro richiesto. Per mia esperienza però, queste stesse problematiche erano state affrontate anche nella creazione di database per la musica strumentale.

Esempi di questo tipo di archivi li ho trovati per esempio nelle due raccolte (in continuo aggiornamento) scritte da Felix Hauswirth per il mondo bandistico2 e il famoso manuale scritto da David Daniels per il mondo sinfonico3. Entrambi hanno anche una piccola sezione dedicata rispettivamente a brani coro-banda e coro-orchestra.

La complessa arte di scrivere un programma musicale

Mi metto quindi a delineare le caratteristiche che avrebbe dovuto avere questo database della musica corale basandomi sulle esperienze con orchestra sinfonica e di fiati. L’archivio avrebbe dovuto raccogliere le opere più significative inserendo per ciascuna:

  • titolo
  • nome e cognome del compositore
  • nome e cognome di eventuali arrangiatori, trascrittori, rielaborati dell’opera in esame
  • nome e cognome dell’autore del testo
  • nazionalità del compositore
  • nazionalità di arrangiatore, elaboratore etc.
  • nazionalità dell’autore del testo
  • data di creazione della composizione
  • organico
  • durata del brano
  • tonalità d’impianto
  • livello di difficoltà del brano
  • tag che facciano riferimento alle tematiche del testo, alla dedica o all’occasione di composizione, alla particolare occorrenza in cui viene eseguita (es. Natale, festa di un particolare paese, etc.)

In questo modo per un direttore, fissato il tipo di organico a disposizione e il livello, può essere semplice, ad esempio, definire un programma tematico (filtrato per tag) di autori, nazionalità ed epoche diverse (stile diverso) con attenzione a toccare differenti tonalità di impianto dei brani.

Da lì a qualche giorno, prima ancora di presentare la bozza del progetto, mi arriva un messaggio dal M° Andrea Angelini. Avevo parlato anche con lui della mia perplessità, e la conversazione gli aveva fatto ricordare il lavoro di un francese, il maestro Jean Sturm, che aveva iniziato a catalogare le opere corali.
Vi consiglio di dare un occhio a questo lavoro:
https://www.musicanet.org, il progetto MUSICA avviato dal 1983 all’interno del Centre d’Art Polyphonique d’Alsace (CAPA) a Strasburgo, Francia e dal 1990 sostenuto dall’ International Centre for Choral Music (ICCM).

Ritengo che questo archivio ricalchi alla perfezione ciò che avevo abbozzato sulla falsa riga degli altri database: catalogo e form di ricerca con impostazione di varie voci di filtro, archivio di ascolti video di vari brani ordinati per autore, persino un elenco degli anniversari (di nascita e morte) dei compositori previsti per i prossimi quattro anni.

L’esistenza di uno strumento di questo tipo riduce notevolmente i tempi necessari alla definizione di un programma musicale aumentando l’efficienza ma anche l’efficacia della scelta finale dei brani.

Prospettive Future

Può l’ANDCI dare un contributo allo sviluppo di questo database?

Forti anche della rete che stiamo creando a livello internazionale attraverso la International Federation of Choral Directors Association (IFCDA), la proposta di una collaborazione tra ANDCI e il team di MUSICA potrebbe essere un’opportunità per l’integrazione del database con le opere di compositori non ancora presenti nell’archivio.
I vantaggi di questa collaborazione si vedrebbero almeno su tre fronti:

  • i gestori dell’archivio incrementerebbero il numero di opere presenti e il flusso di visitatori grazie alla pubblicizzazione che potrebbe fare ANDCI (e la IFCDA);
  • ANDCI potrebbe godere dei servizi offerti da MUSICA ai propri soci attivi (Active Members4);
  • i compositori, con l’inserimento delle loro opere nel database, guadagnerebbero visibilità su scala internazionale;

Un’ultima considerazione e invito che rivolgo ai compositori.

Uno dei vantaggi che ho notato distingue la musica scritta per banda/orchestra di fiati da quella per orchestra sinfonica o coro è l’indicazione precisa del livello di difficoltà del brano.

Mentre nella musica per orchestra sinfonica questa mancanza non è particolarmente sentita, in quanto gli esecutori sono tendenzialmente diplomati, spesso professionisti, nella musica corale così come in quella per banda, spesso scritte per gruppi amatoriali, diventa esigenza per non incorrere in scelte azzardate che i direttori meno esperti potrebbero fare costringendosi poi a dover cambiare repertorio in corso d’opera.

Quando si compone per orchestra di fiati è prassi tra i compositori assegnare un livello di difficoltà alla loro opera in base a precise linee guida riconosciute a livello internazionale5.

Nel mondo corale ci sono delle proposte di classificazione dei gradi di difficoltà (proposte da case editrici o da alcuni College), ma che io sappia nulla di ben strutturato, usato diffusamente e riconosciuto universalmente.
Spesso il compositore scrive su commissione, pensando quindi a un determinato organico e livello di preparazione dei coristi. Perché allora non specificare questo livello richiesto?

All’interno di un programma musicale, pensando allo sviluppo del coro o ensemble, è necessario giocare con differenti gradi di difficoltà dei brani proposti, pur rimanendo nell’intorno del livello di preparazione del gruppo. Se ad esempio lavoriamo con un coro che mediamente esegue brani di grado 4, si potrebbe presentare un programma con un ‘antipasto’ di grado 3 e poi far seguire ‘un primo’ di grado 6 (ora che i coristi sono caldi e l’attenzione è nel suo picco) a cui può succedere un grado 5 più rilassante etc. Ci sarebbe molto da dire anche su questo fronte di pianificazione, e questo stesso modello di alternanza tra brani di diverso grado di difficoltà potrebbe essere usato anche nell’organizzazione di una prova.

In quest’ottica, per venire incontro ai direttori meno esperti nella valutazione delle difficoltà di un brano, risulterebbe molto utile utilizzare in modo sistematico l’indicazione del livello in partitura, scritta direttamente dal compositore.

Chiudo questa analisi invitandovi ora alla sperimentazione di nuovi programmi musicali, grazie anche agli strumenti che spero di aver presentato adeguatamente in questo articolo. Buon lavoro direttori!

  1. PENTAGRAMMA – Periodico della Federazione Corpi Bandistici della Provincia di Trento, Anno 26 | N° 1 | marzo 2016
  2. Felix Hauswirth, ‘1000 PLUS ausgewählte Werke für Blasorchester und Bläserensembles Grad 4 – 6, 8. Auflage’, ed. Ruh Musik AG (CH) Felix Hauswirth, ‘600 ausgewählte Werke Grad 2-3, 3. Auflage’, ed. Ruh Musik AG (CH)
  3. David Daniels, ‘Daniels’ Orchestral Music’, ed. Rowman & Littlefield Pub Inc. Ne esiste anche una versione digitale in forma di database consultabile online (https://daniels-orchestral.com/) con accesso a pagamento su registrazione e prova gratuita di 30 giorni
  4. https://www.musicanet.org/en/members/active-members/
  5. https://www.tavolopermanente.org/2015-03-04-16-48-20/linee-guida-gradi-di-difficolta-della-letteratura-bandistica.html

https://www.bandamusicale.it/notizie/2012/Linee_guida_livelli_bande_12_08_2010.pdf

https://www.cde.state.co.us/sites/default/files/docs/assessmentresourcebank/Music/AssessmentReviews/Grade6/MU-SmartMusic-Grade6/MU-SmartMusic-Grade6-DifficultyCorrelations.pdf

About Post Author

Davide Fagherazzi

Davide Fagherazzi nasce a Belluno. Inizia gli studi musicali a sei anni e nel 2006 si diploma in pianoforte presso il Conservatorio ‘C. Pollini’ di Padova; si perfeziona poi presso la Fondazione Santa Cecilia di Portogruaro (VE). Nel 2005 inizia gli studi di direzione corale e nel 2007 quelli di Paleografia Musicale e Canto Gregoriano presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Padova e poi presso l’Abbazia di S. Giustina a Padova. Nel 2011 inizia gli studi di direzione d’orchestra con Andrea Gasperin e nel settembre 2013 entra all’Istituto ISEB di Trento dove studia direzione con Alex Schilling e José Rafael Pascual-Vilaplana, repertorio con Andrea Loss e strumentazione con Carlo Pirola. Nel 2017 inizia ad approfondire lo studio del canto lirico con il soprano Tatiana Aguiar. In parallelo alla sua attività artistica, consegue nell’ottobre 2011 la laurea magistrale in Ingegneria Elettronica presso l’Università di Padova. Docente di informatica, marketing e organizzazione d’impresa, alterna l’attività di formatore con quella di musicista esibendosi regolarmente come pianista e come direttore di orchestre e formazioni corali. Nel 2011 fonda Nova Symphonia Patavina (http://www.novasymphoniapatavina.it/it/) di cui è attualmente direttore artistico e musicale. Email: davidefagherazzi@gmail.com
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