
In “Music and women: the story of women in their relation to music” Sophie Drinker rifletteva sull’opinione popolare rispetto alla coralità a voci pari e, nello specifico, quella femminile. Era il 1948 e la Drinker, muovendo dall’analisi delle pubblicazioni per coro, giunse alla conclusione che esisteva una gerarchia netta nella produzione corale che metteva al primo posto di interesse il coro misto, poi il coro maschile e infine quello femminile, a conferma della sua iniziale percezione: il coro femminile era visto, dalla società americana dell’epoca, come un coro di “seconda categoria”. Anche mettendo a confronto i cori a voci pari, il coro femminile appariva meno attraente di quello maschile per il pubblico della metà del ‘900 ed il repertorio per coro misto veniva percepito qualitativamente superiore. Il coro femminile e il suo continuo divenire: intervista a Guido Messore
Anche Lauren Elizabeth Estes, Marcia J. Citron e Patricia O’ Tool si sono dedicate all’analisi della situazione dei cori femminili cercando di rintracciare le cause della scarsità numerica di queste compagini rispetto a quella delle altre tipologie di coro. Le loro ricerche hanno evidenziato anche che l’esigua presenza di repertorio femminile fosse da collegarsi alla scarsa considerazione che questa tipologia di coro aveva da parte del pubblico e, conseguentemente, degli editori.
Negli ultimi decenni si registra un aumento di produzione compositiva per coro femminile e, di pari passo, anche un miglioramento qualitativo della stessa e il repertorio si sta finalmente discostandosi dalle tematiche che Derrick Brookins descrisse come “frou frou literature”!
Eccoci allora oggi ad approfondire la conoscenza del coro femminile e del suo repertorio, attraverso l’intervista a Guido Messore, organista, compositore e direttore di un coro femminile ed esperto conoscitore dunque della materia di cui stiamo trattando.
La componente femminile nei cori misti, oggi, è decisamente superiore alle presenze maschili. Possiamo dire che la coralità sia ormai prerogativa quasi esclusivamente muliebre? Il coro femminile sta diventando allora una scelta quasi obbligata per i direttori?
Prima di rispondere alle domande sulla coralità femminile, voglio ringraziare l’amica direttrice di coro Chiara Leonzi per avermi offerto l’opportunità di parlare di una tipologia di coro quale quella femminile. Nell’assistere alle esibizioni di cori a voci miste notiamo di frequente che la presenza delle donne coriste è sempre superiore a quella dei coristi uomini. Anche i cori maschili superano di gran lunga i cori femminili come aveva ben notato la musicologa americana Drinker. I fattori sono per lo più riconducibili al fatto che la donna era esclusa dalle compagini corali da tempi remoti, allorquando la voce femminile non era ammessa a cantare nelle cappelle musicali legate alla liturgia cattolica. Per secoli il canto femminile rimaneva relegato quasi esclusivamente alle comunità monastiche femminili. Nella chiesa cattolica le donne vennero ammesse ufficialmente a cantare nelle cappelle ecclesiastiche solo dal 1958. Questo ha avuto un enorme effetto sulla distorsione del canone europeo occidentale. Mi piace far sapere che sono direttore di un coro femminile, non per scelta, ma perché le circostanze me lo hanno quasi obbligato. Con il Coro Polifonico Molisano a voci miste da me fondato nel 1985, mi ritrovai, dopo solo quattro anni di attività, in grave difficoltà per l’esiguo numero di uomini. Cosa fare? Furono le mie coriste a convincermi di continuare con il solo organico femminile al quale ora mi sono profondamente affezionato. Penso che situazioni simili si siano verificate in molti altri cori italiani. Escluderei però che la scelta di formare un coro femminile sia una scelta quasi obbligata per i direttori.

Il coro maschile, in Italia, è anche l’eredità di quella tradizione alpina legata ai canti di guerra e di trincea che hanno tramandato le sofferenze e le speranze di generazioni di giovani uomini. Quella coralità si è poi evoluta discostandosi da quei repertori. Di contro, la tradizione del canto femminile, legato al lavoro, sembra non essersi cristallizzata in maniera così radicata sul territorio nazionale. Secondo lei perché?
Il canto corale maschile legato alla tradizione alpina deve la sua nascita dalla trasformazione della vita spirituale conseguente all’Illuminismo con la scoperta dei valori popolari e i crescenti sentimenti patriottici. Fondatore del canto per cori maschili fu lo svizzero Hans Georg Nageli il quale si impegnò, tramite l’opera Geangshildugslehre, a teorizzare l’insegnamento del canto per corali maschili. Successivamente lo spirito del canto per coro maschile contagiò non poco la coralità italiana. Assistiamo infatti a formazioni corali storiche legate al canto popolare e ai canti patriottici. Come non menzionare la storica Società la SAT dove il canto corale alpino rappresenta una tappa evolutiva del canto popolare? Un merito di non poco conto di questa coralità è quello di aver salvato un patrimonio di testi e di melodie che altrimenti sarebbero andati inesorabilmente perduti senza nemmeno lasciare traccia di memoria. E’ il caso anche di ricordare la Società Corale Orfeonica di Bologna fondata nel 1880 con cantori di sole voci maschili ma con repertori di carattere lirico-patriottico. Nel tempo, la coralità maschile si è discostata man mano da quel repertorio, per cui assistiamo ad una vasta produzione di musiche sacre e profane di riconosciuti compositori. Questa stessa evoluzione purtroppo non si è verificata per i cori femminili, forse perché le donne erano molto limitate nelle attività che potevano svolgere fuori casa.
Lei è alla guida del coro femminile Samnium Concentus dalla sua fondazione, cioè dal 1989. Ha visto cambiare il mondo della coralità a voci pari in questi anni? Ha potuto riscontrare una crescita di interesse per il coro femminile da parte del pubblico e degli editori musicali? O la situazione è rimasta quella descritta da Sophie Drinker?
La promozione e l’evoluzione dei cori femminili va valutata tenendo presente alcuni fattori. L’esclusione della donna da compagini corali risale a tempi remoti quando la voce femminile non era ammessa a cantare nelle Cappelle Musicali legate per lo più alla liturgia cattolica. Il canto femminile per secoli rimane relegato alle comunità monastiche dove si cantava in prevalenza in forma monodica. Nondimeno assistiamo a formazioni corali fondate da grandi musicisti: lo stesso Brahms in una lettera indirizzata a Clara Schumann parla di un coro femminile da lui fondato ad Amburgo esclusivamente per il divertimento dei suoi membri e senza la precisa intenzione di svolgere attività pubblica. Nel Novecento la promozione del canto corale femminile viene incrementata ad opera di personalità di rilievo specialmente in America. Vale ricordare la musicologa Sophie Drinker che lamentava, fra l’altro, il fatto che c’era pochissima musica di qualità per cori femminili e che c’erano poche donne compositrici. La scarsità di un repertorio per coro femminile mi ha dato l’impulso a comporre nuove musiche, tenendo presente le problematiche legate a tale formazione. Gli editori, seguendo le nuove tendenze in materia di musiche per coro femminile, hanno dato sufficiente importanza alla produzione a stampa di musiche a tale scopo.

Parliamo delle trascrizioni per coro femminile: quali sono gli elementi musicali irrinunciabili nell’atto della trascrizione? Qualunque brano è potenzialmente adattabile al coro femminile?
Per trascrizione si intende l’operazione che permette di riadattare una composizione originariamente concepita per una tipologia di coro ad un’altra tipologia. Nel nostro caso, per lo più, da un coro misto ad un coro femminile. Compositori di tutte le epoche, per le più svariate ragioni, hanno trascritto sia le proprie composizioni sia quelle dei loro predecessori e dei contemporanei. Qualunque brano è potenzialmente adattabile ad una tipologia diversa dall’originale. Io stesso ho trascritto molte mie musiche corali da coro misto a coro femminile e viceversa. L’arte della trascrizione ha i suoi limiti e le sue regole. Innanzitutto la cosa più importante è quella di tener presente le caratteristiche del brano originale, evitando il più possibile di snaturare l’idea del compositore. In tal caso esistono metodi didattici per realizzare la trascrizione che non ritengo analizzare in questo contesto.
Il repertorio femminile che si può ascoltare nei concerti in Italia è spesso opera di autori stranieri, soprattutto americani. A che si deve secondo lei questo fenomeno? I compositori nostrani sono meno interessati alle voci femminili?
L’America del Novecento, multiculturale e multietnica, è stata terreno fertile nel proliferare di gruppi vocali. A partire dagli anni 30 si registrano molti brani completamente “a cappella” in cui le voci imitano perfino il suono dei fiati dell’orchestra Jazz. Più tardi arrivano gruppi famosi come i “King’s Singers” che utilizzano tecniche di canto classico interpretando canzoni dei “Beatles” e perfino celebri brani per orchestra di Mozart. Anche in Italia approda attraverso la musica moderna questo “nuovo genere” diffuso da vari gruppi: Quartetto Cetra, Trio Lescano, Neri per Caso.
Quasi in tutti i College americani sono sorti cori femminili che cantano “a cappella”, influenzati da gruppi fenomenali come i “Pentatonix”. La fortuna di questo fenomeno inoltre si radica nella presenza della pratica corale ad ogni livello scolastico. Ciò non avviene purtroppo nelle scuole italiane.
Nella produzione per coro femminile oggi quali sono gli elementi di novità rispetto alla scrittura del passato? Sono cambiate le tematiche? E’ cambiata la componente espressiva? Ci si spinge verso estensioni vocali più ardite?
Premetto che nei paesi come Bulgaria, Romania, ecc., il fenomeno corale ha visto un proliferare di cori femminili ad opera di eccellenti musicisti come Bela Bartok, Zoltan Kodaly e molti altri, i quali hanno prodotto innumerevoli musiche che costituiscono un importante monumento tecnico espressivo della vocalità Europea. Finalmente possiamo affermare che anche in Italia la produzione di musiche per coro femminile si è assestata su buoni livelli per opera dei compositori italiani che hanno tenuto presente la vocalità femminile sia con canti di ispirazione popolare che con brani di musica colta sacra e profana. Per anni le riviste “La Cartellina”, “L’Offerta Musicale” “Chorus”, dirette, con risaputa maestria, dal M.° Giovanni Acciai, sono state un punto di riferimento della musica corale in Italia sia sul piano storico didattico, sia sulla presenza di un repertorio storico e di produzione moderna contemporanea. Si può parlare di multiformità del linguaggio musicale con innovazioni tecniche, con la ricerca di nuove sonorità e di nuove sperimentazioni. Al riguardo consiglio di leggere l’ampio articolo/studio di Pier Paolo Scattolin sopra “Alcuni indirizzi ed esempi della musica corale moderna”, che vale anche per la produzione per organici femminili.

Possiamo dire che esiste una geografia del coro femmninile? La coralità femminile ha delle prerogative territoriali, come accade per quella maschile?
Da un’analisi sommaria, non mi sembra che ci siano “prerogative territoriali” della presenza di cori femminili nella nostra nazione. In Italia, con faticosa gradualità, si sono allargate le formazioni femminili fino a rappresentare una realtà indiscussa nella coralità nostrana. Volendo fornire una percentuale nazionale approssimativa della presenza di cori femminili, mi sembra che essa sia rappresentata da circa il 10%. Per avvalorare quanto asserisco, prendo come esempio l’Associazione “Fersaco” della Sardegna dove su circa 110 cori affiliati, dieci sono femminili. Le altre regioni si avvicinano più o meno a questi parametri.
Lei è un compositore prolifico di musica vocale. Dia un consiglio ai giovani che si accostano alla composizione e li sproni a comporre per coro femminile!
Voglio concludere con un caldo invito rivolto ai giovani compositori perché promuovano la scrittura e la diffusione di pezzi per coro femminile, tenendo però presente di scrivere per gruppi corali amatoriali o semiprofessionisti. E’ evidente altresì che il compositore di musica corale dovrà essere dotato, innanzitutto, di una valida preparazione della tecnica compositiva e di una spiccata creatività. Nel nostro caso è necessario conoscere le potenzialità sonore e vocali di una compagine femminile. Le competenze sono fondamentali perché non avvenga che i lavori rimangano “eternamente” nel cassetto.
Il coro femminile e il suo continuo divenire: intervista a Guido Messore

Grazie! Farò leggere questo articolo molto interessante alle signore della Sezione Femminile del Coro Cadore